DISTANZE

27 Nov

Guido un’auto elettrica da oltre 3 anni e mezzo, in famiglia abbiamo altri mezzi elettrici: due biciclette e un motorino, ma conserviamo una vecchia auto endotermica per le situazioni particolari, ad esempio quando piove a dirotto. Questa settimana ho dovuto recarmi in trasferta per qualche giorno per prendere parte ad una commissione di concorso ed ho parcheggiato la “vecchia carretta” endotermica nei parcheggi a disposizione sia del pubblico che dei dipendenti della Pubblica Amministrazione nella quale ho lavorato per anni. L’ho messa al “solito posto” quello più vicino all’entrata perché ero sempre io il primo ad arrivare, spesso anche prima del custode! Dopo un paio di giorni sono tornato e ho trovato il cartello che vedete nell’immagine. A beneficio dell’anonimo “intraprendente” funzionario pubblico che si è dato la pena di mettermi l’avviso, segnalo che settimana prossima metterò la mia auto nello stesso parcheggio delimitato dalle strisce bianche e pavimentato con l’asfalto pagato dai cittadini contribuenti, con buona pace sia, dei suoi colleghi e degli amministratori che dovranno fare, ancora per un paio di giorni, due passi in più.

“CIRANO” E’ TORNATO!!!!

RISPARMIO ED OPULENZA ELETTRICA

31 Ott

Ieri ho accompagnato “Uezzo”, un amico d’infanzia a ritirare la sua Yaris Ibrida acquistata con il gruppo d’acquisto di “ECOVERSO” a Ferrara. La sera precedente ho caricato fino al 99% la mia Kona Elettrica con la quale avrei percorso, la costo di poco più di 13 cts al kWh, una buona metà degli oltre 900 km che mi aspettavano, per l’altra metà mi sono affidato, per la prima volta, alla tariffa a consumo di A2A che al momento, dopo la rivoluzione messa in atto dai maggiori players del mercato, pare essere tra le più convenienti.

Partenza ore 8,00, dopo la mia oretta mattutina di piscina, un primo rabbocco presso l’AdS Secchia Ovest di 30 kWh e siamo alla periferia di Ferrara “In the middle of nowhere” dove si trova la concessionaria che si è aggiudicata la fornitura offrendo lo sconto migliore. E’ l’ora di pranzo e, per fortuna, abbandonando la strada principale e facendo il giro dell’isolato troviamo una tipica trattoria ferrarese presso la quale ci rinfranchiamo nella giornata uggiosa con dei cappelletti in brodo!

Lascio “Uezzo”, ringraziandolo per avermi offerto il pranzo e mi dirigo a Cesena, approfittando del viaggio per acquistare da mio cugino Marco, coltivatore diretto in Romagna, qualche caco per me e gli amici. Ricarico altri 40 kWh nei pressi dell’uscita di Cesena Nord e riparto, tra uno scroscio d’acqua e l’altro ho ancora necessità di un piccolo rabbocco, mi rimangono 10 kWh disponibili sul mio abbonamento con A2A il cui costo unitario di aggira attorno ai 36 cts al kWh, quelli eccedenti avrei dovuto pagarli 97 cts (una follia), decido rapidamente che 15 kWh sarebbero stati sufficienti, limitando il “salasso” a 5 kWh eccedenti il mio abbonamento!

Stavo per concludere la mia ricarica quando un gruppo di giovani a bordo di una Porche nera nuova fiammante che sta armeggiando presso una colonnina a fianco richiama la mia attenzione, dico loro di aspettare un attimo e chiudo la mia ricarica poco dopo i 13 kWh, per evitare di distrarmi e trovarmi “dissanguato” presso l’AdS Arda Est!

La Porsche, che sarò costata non meno di 100 mila € è nuova fiammante, appena ritirata dal concessionario che ha saputo spiegare ai ragazzi pochissimo di mobilità elettrica, mi dicono che ha dato loro in “omaggio” 500,00 € di ricarica presso la rete Porsche, ma non sanno nulla (si può non sapere nulla del mondo elettrico e comprare una macchina del genere!!!) spiego loro la faccenda delle app e delle carte RIFID, attendo che scarichino l’app di Free to X (tutti contenti perchè scoprono che si appoggia al contratto del Telepass e possono scaricare i rifornimenti come costi aziendali), per sicurezza dico loro di scaricarsi anche le app delle colonnine più diffuse e riparto.

Manco a dirlo i 13 kWh che ho ricaricato non mi bastano per arrivare a casa, l’avevo temuto, una sorta di “inconscio difensivo” mi impediva di immettere nell’auto troppi kWh al costo di 97 centesimi ognuno, sapevo però che presso l’AdS Villoresi che si trovava sul mio percorso, alle porte di Milano avrei trovato, presso la stazione di servizio Q8, una vecchia colonnina Enel X da 50 kWh con la quale avrei potuto caricare in pochi minuti con la vecchia app Wrooom a 49 cts il kWh, carico 4,8 kWh e rientro nel giro di un’oretta a casa, con buona pace di tutti coloro che dicono che in elettrico non si possono percorrere lunghe distanze in tempi accettabili, scarico i miei cachi e prima delle 22,00 sono, novello Esaù davanti ad un bel piatto di lenticchie!

DISTANZE 2

1 Dic

In questo post avevo raccontato di un biglietto con il quale mi si intimava a lasciare libero un posto auto (pubblico) nei pressi dell’entrata di una pubblica amministrazione.

Sono tornato, sempre la mattina presto, per riprendere lo stesso posto, quasi per tigna, e l’ho trovato occupato da quella che ho ragione di ritenere essere l’auto di servizio ad uso degli amministratori dell’ente. Ho riflettuto sul fatto che la distanza vera non è tra il parcheggio e il portone d’ingresso dello stabile, ma tra questa gente compresi molti di quelli che lavorano per loro e i cittadini, perché vivono in un mondo chiuso, poco permeabile all’esterno!

In una settimana di audizioni in commissione di concorso abbiamo cercato di selezionare candidati che, oltre a conoscere i contenuti della materia, peraltro già ampiamente sondati da un rigorosa prova scritta, necessariamente confinata all’interno di confini nozionistici, anche su altri aspetti, quali la capacità di essere accoglienti con il pubblico, di saper ascoltare e capire le necessità espresse e anche quelli inespresse, di sapere trovare delle soluzioni ai problemi pratici prospettati attraverso “casi”.

Abbiamo cercato di sondare anche la predisposizione dei candidati, futuri funzionari, a ridurre la “distanza” che li separa dagli utenti che si rivolgeranno loro nella futura vita lavorativa. Questo senza in alcun modo rinunciare ai contenuti di competenza, terzietà, imparzialità e rigore che le dovrà accompagnare per tutta la loro vita professionale.

E’ indispensabile che vi sia una “distanza” fra l’amministratore, il pubblico funzionario e il cittadino, ma questa si misura nello spazio che si interpone fra l’interesse personale e l’interesse collettivo, tutelato dalle regole, non dal privilegio di una posizione acquisita, tanto dal voto di una parte, quanto dal superamento di un concorso.

UN BAGNO DI UMILTA’

2 Dic

Mia figlia Alice è un po’ sotto pressione per le consegne natalizie di “Bandabiscotti” mi sono reso perciò disponibile per fare un po’ di consegne. L’ho fatto perché mi piace guidare, specialmente da quando ho l’auto elettrica: non spendo quasi nulla e posso entrare e parcheggiare liberamente anche in area C a Milano.

Nessuno mi conosce e, se non mi vedono arrivare con un’auto normale e non con un furgone, sono in tutto e per tutto un fattorino, con tanto di carrellino d’ordinanza. Ieri sono stato in un grande studio di consulenza a consegnare 85 pacchi di biscotti natalizi, immagino per clienti e dipendenti, ho dovuto fare un bel po’ di avanti e indietro per colpa di una decina di gradini piazzati proprio a metà del percorso che mi hanno impedito di usare il carrello. Nessuno mi ha aiutato, si saranno detti che le consegne sull’uscio fanno parte del mio “mestiere” di fattorino e la cosa non mi ha disturbato perché in fondo ho fatto un po’ di esercizio fisico che mi fa solo bene alla saluti!

Ho fatto per anni il dirigente pubblico prima di andare in pensione e mi hanno sempre dato un pochino fastidio gli eccessivi salamelecchi dovuto al mio ruolo: “dottore” di qui, “dottore” di la, ho sempre preteso che chi per qualche particolare motivo non avesse confidenza con me mi si rivolgesse con il “Lei”, per un senso di rispetto dell’Istituzione, ma l’ossequio eccessivo che qualche volta la fa da padrone in certi ambienti mi ha sempre disturbato. Nel mio nuovo ruolo questo “bagno di umiltà” nelle vesti di fattorino lo reputo salutare!

Oggi ho consegnato i biscotti alle caffetterie collocate all’interno delle librerie Feltrinelli di Milano, sono arrivato proprio all’ora di punta, quella del break tra le 12 e le 13,30, baristi e camerieri erano tutti molto impegnati, presso la Feltrinelli di Porta Romana, la responsabile alla quale mi hanno introdotto aprendo una porte stava persino mangiando una pizza prima del servizio di pausa pranzo, eppure tutti hanno accolto l’anonimo (e attempato) fattorino con un sorriso, cercando di agevolarlo il più possibile nella consegna, tutti mi hanno salutato con calore per congedarmi dopo avermi firmato la bolla di consegna.

Ripensando alla mia vita professionale da poco conclusasi mi sono fermato a pensare quanto i pubblici dipendenti abbiano accolto l’utente con un sorriso, eppure spesso non erano più sotto pressione dei “colleghi per un giorno” che ho frequentato oggi, ma anche pensando alla mia vita di cittadino e utente dei servizi difficilmente ho trovato un volto sorridente e disponibile dietro lo sportello. A pensarci bene qualche caso c’è stato: ricordo un impiegato delle poste in un piccolo ufficio postale della frazione verbanese di Antoliva (credo di avergli dedicato perfino un post qualche anno fa) o alcune colleghe degli uffici che ho diretto, specialmente (quanto, forse, incredibilmente) nei centri per l’impiego per quanto sotto pressione e con un tipo di utenza spesso “difficile”.

A tutti costoro, siano essi stati colleghi di un giorno o di qualche anno, va il mio GRAZIE!

LA FATICA DI “CAMBIARE PELLE”

18 Ott

Siamo sulla collina torinese, alle immediate spalle della città, in comune di Castiglione Torinese, ci ha condotto qui una coppia di amici con i quali passeremo il fine settimana tra le province di Torino e Cuneo, territori famosi per il loro turismo enogastronomico! Il ristorante si chiama “Il Gufo reale”, dall’esterno ci colpisce per la sua insegna, quasi un ossimoro, osteria – pizzeria, due territori ugualmente nobili del cibo ma apparentemente inconciliabili!

L’insegna, issata sotto il balcone del primo piano di una palazzina, fatica a farsi scorgere dalla strada, sovrastata da un’altra di tutt’altro tenore, che probabilmente ha potuto beneficiare della proprietà del balcone sovrastante:

Difficilmente un setting visuale con queste caratteristiche è in grado di attirare un passante, specialmente in un territorio che fa della cucina “tipica” uno dei suoi punti di forza dal punto di vista enogastronomico, ma noi sappiamo di andare “a colpo sicuro”!

Ci accoglie Paolo, l’unica persona “diversamente giovane” del locale, per il resto affidato a Matteo ed Edoardo in cucina e a Martina e Chiara in sala. Per chi si fosse fatto attrarre dall’insegna nel menù c’è la prima sorpresa: non compaiono le pizze, non ci sono proprio, manca persino il tipico “odore di forno” che amalgama i profumi di pomodoro farina e mozzarella (quando va bene fiordilatte)! Il menù è contenuto, 4 o 5 piatti per portata, con una presenza di mare in tutte le sezioni, quasi a dirti “questi sono i nostri cavalli di battaglia!”.

Dopo aver ordinato, nell’attesa dei piatti approfondiamo la conoscenza del locale e veniamo a sapere che questa era una pizzeria di proprietà di Paolo che ha lasciato spazio ai giovani. Attenzione però, non ha ceduto semplicemente la gestione ma ha assecondato la nuova gestione in modo tale che i ragazzi “cambiassero pelle” al locale, trovando un loro spazio di originalità tra le innumerevoli pizzerie e le centinaia di ristoranti “tipici” che popolano la zona. Paolo ha fatto dunque “un passo indietro” lasciando che i ragazzi trovassero il loro modo di esprimersi ma al tempo stesso accompagnandoli, discreto, in questa loro avventura. Quando è stato il momento dei vini infatti le ragazze di sala hanno lasciato che fosse Paolo a sciogliere il delicato intreccio di carni e pesci in cui si era infilato il nostro gruppo di sette persone, risolto proponendoci un Grignolino (non ricordo l’etichetta), vino rosso delle colline piemontesi in grado di accostarsi anche ai sapori del mare!

Professionalmente mi sono occupato per un certo tempo di Politiche Attive del Lavoro e trovo che al di la di tante chiacchiere che si fanno da tempo sull’argomento questa sia una situazione da manuale: lasciare che i giovani abbiano un territorio nel quale esprimersi professionalmente, nel quale sperimentare (quando possibile) la propria creatività e autonomia, ma accompagnarli portando, se richiesta, la propria esperienza (in questo caso enologica).

Quando tutto ciò accade i ragazzi non ti tradiscono, (e qui veniamo al cibo) riuscendo ad interpretare in modo originale e soprattutto gustoso la cucina, emergendo in questo modo dalla massa. I piatti cono infatti un sapiente mix di gusto e bellezza, ve ne mostro alcuni consapevole di non poterveli descrivere sotto il profilo culinario perchè, a differenza di Erika e Cristian, che mi ospitano nel loro blog, non sono un critico gastronomico (anche se so apprezzare il bello … e soprattutto il buono)

Si tratta di piatti eleganti ma preparati con cura e grande manualità nel pieno rispetto delle tradizioni antiche della cucina del territorio e di materie prime scelte con cura, con una interpretazione della cucina che solo una seria preparazione professionale in cucina, un pizzico di esperienza e tanta applicazione sono in grado di consentire.

Complice la pandemia, non abbiamo visto in viso i ragazzi per tutta la serata, neppure quando i cuochi sono usciti dalla cucina per salutarci e raccogliere i nostri complimenti, ma ci è bastato vedere il luccichio nei loro occhi per assaporare, oltre al cibo, anche un pochino di questa loro avventura

Chiudo tornando all’immagine con la quale ho aperto questo post, la muta della cicala è certamente meno accattivante ma non meno significativa: negli animali questa fase della vita è certamente molto delicata ma al tempo stesso permette loro di rinascere a nuova vita, questo sia il mio augurio per Matteo, Edoardo, Martina e Chiara che vorrei accompagnare, per chiudere, con questa frase di Steve Jobs: “L’unico modo per fare un ottimo lavoro è amare quello che fate. Se non avete ancora trovato ciò che fa per voi, continuate a cercare.” 

RIANIMAZIONE E COMUNICAZIONE

29 Mar

Il titolo di questo post suona un pochino come il nome di quel movimento che organizza il suo raduno annuale a Rimini, ma vi giuro che è tutt’altro.

In questo periodo di Covid 19 ho ripensato il mio rapporto con le sale di rianimazione, un rapporto non diretto ma “mediato” dal ricordo di due persone care che ci sono passate.

La rianimazione è un po’ come la luna, non vi puoi accedere, al massimo puoi guardare da lontano ed è popolata da una quantità innumerevole di apparecchiature, tubi, fili, incomprensibili per chi non è addetto ai lavori, un posto brutto da vedere, figuriamoci starci dentro!

Eppure credo che quando tu sia “costretto” in un letto di rianimazione la cosa che più ti manchi sia la vicinanza dei tuoi affetti con i quali comunicare. Ricordo mio padre, ricoverato in rianimazione a seguito di un intervento, noi figli fuori dal vetro preoccupati: ce la farà, non ce la farà? Lui dentro, trafitto da tubi e cannule di ogni tipo, in bocca, nel naso, sulle braccia, sul ventre. Ad un certo punto si accorge di noi dietro il vetro e muove le mani, vuole dirci qualche cosa … continua a muovere le mani, le dita, prima piano, poi sempre più affannosamente, cerca di alzare le mani per mostrarci le dita che si muovano ma i tubi e i fili lo riportano attaccato al letto, allora muove la testa avanti e indietro, poi a destra e sinistra, quasi a dirci “non avete capito”. Entra l’infermiera, lo vede così agitato, interrompe la comunicazione, ci caccia! Noi “feriti” perché non avevamo fatto niente che potesse agitarlo, ma figuriamoci il suo stato d’animo.

Mio padre esce dalla rianimazione, lo ritroviamo qualche giorno, stanco, nella sua camera d’ospedale. Proviamo a chiedergli che cosa avesse voluto dire con le dita qualche giorno prima senza poter comunicare, risponde, quasi un po’ seccato,  “Sette, sette, sette vite, ho sette vite come i gatti!”. Purtroppo doveva averle consumate ormai tutte perché dopo pochi giorni è entrato in coma ed è mancato. Ma ora l’immagine che di lui mi ritorna spesso alla mente è di lui trafitto come un Cristo in croce, che vuole scherzare sulle sue sette vite!

La seconda rianimazione me l’ha raccontata la mia zia Livia, bergamasca, come la gente che più soffre oggi, una donna intelligentissima, laureata in lingue che ha girato il mondo con il suo spagnolo e Inglese semplicemente perfetti. Passa da lavoro in una multinazionale a sposare per amore un contadino romagnolo, cambia completamente vita in un attimo. Con un istinto innato per il linguaggio impara il dialetto romagnolo con la stessa facilità e la stessa precisione con le quali padroneggiava le lingue apprese all’Università. Livia è sempre stata “paffuta” fin da bambina, contiene per tutta la vita il suo peso sottoponendosi a diete di ferro, ma ormai in età avanzata, mancano le motivazioni ed ingrassa sensibilmente.

Ultimamente Livia ha dei problemi di respirazione, finisce in terapia intensiva, lo scenario è sempre lo stesso macchine e tubi! Accanto a lei c’è un ragazzo, ha fatto un incidente in moto, è tutto “rotto” ma deve averla scampata, tanto chi i suoi amici vanno a trovarlo e, così per passare il tempo, deridono la “grassona” sul letto vicino. Livia è immobile e cosciente, vorrebbe riprendere i ragazzi spiegando loro che anche lei è una persona, con i suoi affetti, i suoi dolori e le sue pene, ma non può, i ragazzi continuano a deriderla, Livia è impotente, riesce solo a bagnare il cuscino con le sue lacrime …

Livia si riprenderà, uscirà dall’ospedale e andrà a casa a riabbracciare i suoi cari ancora per qualche mese, ci vedremo ancora e mi racconterà questa piccola storia triste che ritorna a galla in questi tempi di Coronavirus.

Giunto alla fine della pagina mi accorgo di non sapere perché ho voluto scrivere queste cose, o forse si, per dire a tutti che stare a casa è un sacrificio infinitamente più piccolo di quello di essere costretti in un letto di rianimazione senza poter comunicare con i propri affetti, #stateacasa!

“MI MANDA RAI TRE”

2 Mar

E’ successo davvero, suonano al cancello e mi dicono “Mi manda RAI TRE“, per sapere della mobilità elettrica a cui si affida, da qualche tempo ormai, la nostra famiglia. Vogliono sapere dell’auto, ma abbiamo iniziato ormai diversi anni fa con due biciclette poi con uno scooter, ma l’auto fa ancora “status simbol”, l’attenzione si concentra su quella.

Mi mandano un “service” da Torino, mi mettono un microfono nell’orecchio, le domande arriveranno dallo studio. Alcuni giorni fa avevano provato ad ospitarmi in trasmissione ma l’emergenza Coronavirus si era “mangiata” tutto il tempo della messa in onda ed io, come recitava un il claim aziendale di un tempo ho avuto per qualche minuto “Un posto in prima fila” ma non mi sono mosso dalla panchina entrando in campo.

La prima raccomandazione è quella di togliere il loghi aziendali, dall’auto, dalla wall box che usiamo per la ricarica, ovviamente non si può fare pubblicità occulta ma è praticamente impossibile non riconoscere un automobile dalla sua carrozzeria, anche se ne occultano i segni distintivi della marca! Dovremmo camuffare il modello come si fa per i prototipi che girano sulle strade per le prove …

Rispondo alle domande che mi fanno da studio in modo semplice, per far si che anche chi è completamente privo di nozioni sulla mobilità elettrica possa capire; sento già le critiche degli esperti dei blog specializzati di modalità elettrica per le imprecisioni che inevitabilmente mi sfuggiranno. Non riesco a trovare il modo di parlare di come ho acquistato l’auto, non sono un grande “negoziatore” sui prezzi, per questo motivo mi sono affidato al GAI Gruppo Acquisto Ibrido (da tempo convertitosi anche all’elettrico) che ha negoziato, per me e per altri, le condizioni più vantaggiose possibili.

Per fortuna i tecnici in studio colmano le mie lacune, insomma quello che è fatto è fatto, se volete rivedervi la puntata … in mezzo all’emergenza  coronavirus cliccate sul link

 

RAIKonen

26 Feb

Il titolo del post non ha niente a che vedere con l’ultimo pilota della Ferrari a portare a casa il titolo mondiale per la casa del cavallino rampante, si tratta proprio di “Mamma RAI” che aveva in programma di parlare di mobilità elettrica nella trasmissione “Mi manda RAI 3” martedì mattina.

Avendo acquistato la Kona Electric tramite il GAI (Gruppo d’Acquisto Ibrido) ormai quasi un anno fa, mi hanno contattato per farmi raccontare la mia esperienza, magari dopo aver letto il mio Post sul mio viaggio tra Germania e Belgio di quest’estate!

Purtroppo tra gli “effetti collaterali” del Coronavirus dobbiamo annoverare anche lo sconvolgimento del palinsesto televisivo! Domenica eravamo già partiti e ci trovavamo nei pressi di Roma quando riceviamo una telefonata dalla redazione, non avremmo più registrato la puntata lunedì mattina ma saremmo andati in diretta il martedì! Dopo un attimo di comprensibile “ansia da diretta” mi sono goduto, in compagnia di mia moglie Lucia, una intera giornata “libera” nella Capitale!

Avevamo preventivamente scaricato il permesso di accesso alla ZTL per le vetture “full electric”: circolare per il centro della Città Eterna senza far rumore (almeno noi) e parcheggiare per una ricarica a 50 metri da Via dei Fori Imperiali e 200 dal Colosseo non ha prezzo, “per tutto il resto c’è Mistercard”!

Martedì ci siamo presentati puntuali per la diretta, superando rigorosissimi controlli ci siamo seduti dapprima in corridoio, poi mi sono spostato dietro le quinte, ma alla fine è andata come quando giocavo nelle giovanili di basket e mi convocavano per la prima squadra. Sono rimasto in panchina!

RAI Konen dunque in quel di Saxa Rubra è rimasta ferma ai box! Niente vetrina sui media (anche se non avrei dovuto pronunciare il nome del modello ma solo definirla genericamente come mini SUV o segmento B). La gentile signorina della redazione era costernata, non sapeva come scusarsi e mi ha assicurato “Ki mi” richiameranno (tanto per continuare a giocare con le parole.

Sinceramente non sono particolarmente dispiaciuto mi piacerebbe che alla mobilità elettrica sia dedicata l’attenzione che merita, avrei rischiato di fare la fine dell’ospite prima di me che, intervistato per illustrare le qualità dello “Street Food” e del “Lampredotto” ha finito per dover tranquillizzare il pubblico sul fatto che addentando un panino non si rischia nulla!

Stay tuned, se ci sono novità vi avviso prima questa volta!

 

AUTO FAMILIARE

18 Ott

Vorrei proporvi un breve post fra il serio ed il faceto sul concetto di “Auto Familiare”.

Negli anni ’80 mio padre faceva l’artigiano e aveva una Fiat 131 familiare, questa:

Erano tempi in cui il “benessere” veniva ostentato alla guida di una berlina ed io un pochino mi vergognavo di portarmi appresso quell’enorme portabagagli, ma in compenso, potendola avere a mia disposizione per tutto il fine settimana avevo un grande successo con gli amici … e con le ragazze!

Poi è venuto poi il tempo in cui le auto familiari sono diventate di moda, è bastato cambiar loro il nome, chiamarle “Station wagon” e  aggiungere qualche pubblicità che inneggiava al senso di libertà che poteva dare il portellone posteriore apribile ed il gioco è stato fatto:

La sostanza, come potete vedere confrontando le immagini, non è cambiata di molto, la funzione era la stessa, quello che cambiava è la dimensione simbolica del bene.

Quarant’anni dopo voglio proporre un nuovo concetto di “Auto Familiare”, una vettura che non inquina, che è a disposizione di tutta la famiglia (anche se ormai le “ragazze” non vivono più con noi) e che usa chi del nucleo deve fare il percorso più lungo. In questo momento Alice è in vacanza sulle dolomiti con un nuovo concetto di “Auto Familiare” che, proprio in virtù del suo intenso utilizzo, in 5 mesi ha già percorso oltre 15 mila chilometri. Un modello Thumberg, più che un modello turbo, che viaggia e non inquina:

A noi fa piacere saperla in giro con il suo ragazzo a macinare chilometri senza appestare il pianeta, intanto noi per il weekend ci arrangiamo o così:

o Modì:

TIPIKONA

20 Set

TIPIKONA

Chi di voi non ricorda il periodo dell’adolescenza quando nella “Compagnia”c’era sempre una ragazza non appariscente ma simpatica, un “Tipo” insomma. La mia Kona ha recentemente recitato il ruolo del “Tipo” (a qui “Tipikona” che da il titolo al post).

L’occasione è stata quella “Esperienza Elettrica” organizzata dal GAI, Gruppo Acquisto Ibrido (ormai il nome è un po’ datato) presso il Politecnico di Milano mercoledì 18 settembre e rivolta al personale dell’ateneo.

Dopo un momento formativo tenuto da Luca, molto interessante, che ha riassunto un  paio d’ore di accattivanti slides tutto quello che io avevo faticosamente racimolato in mesi di ricerche in rete, si è passati alla “prova pratica”; io ero uno de drivers ingaggiati per l’occasione.

Nonostante i miei mille impegni di lavoro infatti mi sono sentito di restituire, dedicando un po’ di tempo al gruppo, parte degli oltre 2000 € che ho risparmiato acquistando la Kona unendo il potere negoziale  di più acquirenti.

Le prove erano organizzate così: 5 vetture differenti: Renault Zoe, Nissan Leaf e NV 200, Hyundai Kona e Tesla Model X, sulle quali ruotavano gli equipaggi dei discenti del corso. Nel turno di guida io accoglievo coloro che erano appena scesi dalla Tesla Model X, una “stangona total black” con lo “stacco di coscia” delle portiere ad ali di gabbiano.

Ce la siamo battuta giocando la carta della “simpatia” raccontando la storia del viaggio di oltre 2.000 km tra Germania Belgio Francia Lussemburgo e Svizzera oppure la disavventura con la ZTL torinese.

Un pomeriggio sicuramente interessante che avrà un seguito, aperto a tutti coloro che sono interessati alla mobilità elettrica e vorranno iscriversi documentandosi qui:

https://gruppoacquistoibrido.it/esperienza-elettrica/?utm_source=ZohoCampaigns&utm_campaign=ESPERIENZA+ELETTRICA+PER+GRUPPI%2C+AUTUNNO+2019_2019-09-12&utm_medium=email