Archivio | ottobre, 2010

Meglio l’originale

29 Ott

Ve la immaginate sentita cantare da Silvio?

Sinceramente se devo pensare a dei “vecchietti trasgressivi” preferisco questi. Lasciamolo dunque ai suoi bunga bunga e speriamo possa dedicarvisi presto a tempo pieno.

A proposito di bunga bunga mi ha mandato una mail Elio, vuole a tutti i costi dire la sua, eccolo;

LIBERA CHIESA IN PESSIMO STATO

28 Ott

“Libera Chiesa in pessimo Stato”, si potrebbe parafrasare il motto pronunciato da Cavour in occasione del suo intervento per la proclamazione dell’Unità d’Italia.

Della trasformazione intervenuta nel Paese se n’era accorto anche un altro grande pensatore, Giorgio Gaber, che dopo avere amaramente constatato che la “sua Generazione aveva perso” affermava con sdegno in un suo pezzo che “Qualcuno era comunista perché lo Stato peggio che da noi solo l’Uganda”!

A conferma della visione tristemente profetica dell’inventore della forma espressiva del “Teatro Canzone” giunge il rapporto 2010 di Trasparency International, che misura l’indice di percezione della corruzione.  Meno di vent’anni dopo tangentopoli siamo scesi dal 55° posto del 2008, al 63° del 2009, fino all’attuale 67 posto. Meglio di noi Perfino il Ruanda!!

Pesano certamente i grandi scandali delle cricche varie (terremoto, G8, protezione civile …) ma anche le pecche quotidiane di un sistema che a 150 anni dall’Unità ci vede ancora sudditi e non cittadini.

Mentre una Camera “chiude” per mancanza di leggi da discutere giace un disegno di legge anti corruzione e il nuovo presidente della Corte dei conti lancia il suo grido d’allarme, viene da chiedersi, alla fine quante generazioni avranno perso, oltre a quella di Gaber?

Elevata corruzione, scarsa libertà di stampa (vedi il post precedente) non saranno due facce della stessa medaglia che porta il nome di declino del Paese?

Teniamo botta e facciamo scuola!

25 Ott

Se fossero i campionati mondiali dello sport nazionale come ci sentiremmo a classificarci a pari merito con il Burkina Faso? Tranquilli nulla a che vedere con il sacro tempio del “Pallone” è solo l’annuale classifica di “Reporters Sans Frontières” sulla libertà di stampa.

La nostra posizione dunque, anche per il 2010 è la stessa dell’anno precedente: un “lusinghiero” 49° posto. In testa ci sono sempre i paesi del Nord Europa, Finlandia, Islanda, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia e Svizzera. La Francia (probabilmente Sarkozy è andato a lezione dal Nostro ) sta facendo rapidi passi all’indietro passando dal 31° posto del 2007 al 44° posto di oggi.

Nel vecchio continente dunque Francia e Italia non hanno nulla da festeggiare ma aprire una bottiglia anche in questo caso credo che sia indicato, non fosse altro per liberarci dei “tappi”.

Fare rete! – Lo scenario di FORUM PA 2011

21 Ott

Attenzione si tratta di un post per “addetti ai lavori”, un contributo tramite la rete per una Pubblica Amministrazione che vuole cambiare, contro ogni evidenza, contro ogni rassegnazione.

Qui potete leggere l’intervento di Carlo Mochi Sismondi Presidente FORUM PA

Ed ecco il commento di Cirano:

Quanto è lontana la P.A. di tutti i giorni da questi think tank

Mi piacciono e condivido queste riflessioni ma vivendo e lavorando in una P.A. in un territorio di 160.000 abitanti, peraltro al nord, non posso fare altro che prendere atto che questi pensatoi sono molto lontani dall’attività di tutti i giorni.
La realtà quotidiana è fatta spesso di una comunicazione senza contenuti, autoreferenziale, di una assoluta mancanza di “misurazione” a sostegno delle decisioni, di bilanci “esoterici” anche per i c.d. “addetti ali lavori, di personalismi esasperati, di decisioni assunte in cenacoli riservati, di privilegi per le “relazioni” piuttosto che per i servizi, di adempimenti formali, svuotati di ogni contenuto per assecondare le norme, di affannosa quotidianità fatta per rincorrere e non per costruire!
Mi trovo più volte a condividere alcuni dei concetti esposti così bene da Mochi Sismondi con amici e colleghi ma quando mi tuffo nel lavoro quotidiano ricordo questi discorsi come una seduta di “auto-mutuo aiuto”!
Restiamo in contatto dunque, difendiamo e ampliamo questo spazio di libero pensiero, facciamo rete, per non perderci, per non rassegnarci ad essere ingranaggio di una burocrazia bizantina che rischia di cacciarci fuori dal tempo.

Il bosco delle seghe: “letteratura” d’altri tempi

18 Ott

Ho deciso che non andrò più a funghi! La mia grande passione fin da bambino aveva subito un duro colpo qualche anno fa durante un viaggio in Finlandia. Trovavamo funghi enormi e sanissimi facendo un giretto sul sentiero dietro casa in ciabatte alle 9 di sera. Nella foto vedete Elena su che cosa era riuscita a “inciampare”

Capirete che, per chi come il sottoscritto era abituato a levatacce, camminate per ore in penombra, ricerca su pendii al limite del ribaltamento, è stato un duro colpo. L’anno dopo, tornato alle tradizionali ricerche nei boschi di casa, mi sono sentito fuori posto.

Ho avuto due boschi “storici” che hanno contraddistinto la mia passione: quello della prima adolescenza e quello della giovinezza. Il primo, anni fa se l’era portato via il fuoco, il secondo se l’è portato via l’uomo … per fare lega da ardere.

La storia che vi racconto oggi riguarda il primo bosco, facile da raggiungere, ci andavo con gli amici dell’oratorio, chi in bicicletta, chi col motorino della mamma senza neppure avere l’età. Quelli che erano “motorizzati” tiravano gli altri in bicicletta a turno, li trascinavano aggrappati al loro braccio destro per alcune centinaia di metri, poi si staccavano e tornavano a prendere gli altri.

Non eravamo gruppi numerosi c’eravamo io e Giovanni sempre, poi, di tanto in tanto Cesare, Roberto e qualche altro. I nomi non mi dicono niente ma i soprannomi non li posso citare perchè, per chi li ha conosciuti sarebbe come pubblicare la loro carta d’identità.

Sono tornato qualche giorno fa nel bosco della mia adolescenza, Rossana mi aveva detto che un’amica di una sua collega aveva trovato funghi in basso, casualmente, dietro casa in un cespuglio di castagno. Allora ho provato a tornarci, perchè il bosco di ceppaia è uno di quelli tenaci, che ricrescono qualche anno dopo il fuoco.

Il sentiero era quasi sparito, il bosco molto diverso da come me lo ricordavo, mancava il boschetto dei “alberella” (pioppo selvatico) che ci accoglieva festoso con le sue buttate di “rossini” (boletus rufus) e ci faceva capire quando sarebbe stata una buona giornata anche per i funghi di maggior pregio. I castagni erano “ringiovaniti” attorno allo scheletro del patriarca consumato in piedi dal fuoco erano spuntati numerosi giovani polloni.

Sono salito fino all’alpeggio aprendomi il passaggio a fatica in mezzo alla selva bassa e intricata dei giovani virgulti senza trovare nulla. Allora ho deciso di cambiare i miei piani dedicandomi alle castagne, non lo avrei mai fatto in gioventù, mi sarei incaponito per ore con l’obiettivo dei funghi tornando a casa con la vittoria in tasca o con la frustrazione dentro.

Il prato attorno all’alpeggio era stato invaso dalla felce aquilina, i rovi avevano iniziato ad attaccare le baite, ma i vecchi castagni innestati, piantati a cornice del grande prato avevano resistito all’ingiuria del fuoco ed erano lì a regalarmi i loro luccicanti frutti. Avevo messo una pezza alla giornata.

Mentre ero sulla via del ritorno mi è venuto in mente questo ricordo lontanissimo. In questo posto, dall’altra parte del tagliafuoco c’era un altro bosco, recintato. Si trattava di uno di quei rimboschimenti fatti dalla Forestale negli anni sessanta usando, chissà perché, piantine di abeti americani. Era un posto dove non cresceva nessun fungo ma noi non lo sapevamo. Il sottobosco era bellissimo perchè passavano gli operai a fare manutenzione. Un giorno che avevamo trovato poco o nulla decidiamo di oltrepassare il filo spinato e di entrare nel “bosco proibito”. Funghi niente ma, ben occultati in un anfratto delle rocce, un raccolta di “Caballero“, “Men”, “Le ore” e altri titoli letterari che ora non ricordo. Una miniera d’oro per quella “bomba di ormoni” che eravamo all’epoca! Da quella volta, ci siamo fermati spesso per un sosta letteraria nel “bosco proibito”, sempre rimettendo tutto a posto per non rovinare la “pausa pranzo” agli operai.

P.S. Il tempo di un post e ho cambiato idea, non andrò più a funghi da solo. Mi piace la magica intimità che si crea quelle volte che ci vado con mia figlia Alice, cercare i funghi diventa un alibi per chiacchierare un po’, uno spazio che ritagliamo per noi nella quotidianità incalzante della vita di tutti i giorni.

Quanto costano le Province? Chissà che ne pensa Minzolini

14 Ott

Ricordo che prima delle elezioni tutti promettevano di abolirle, dopo non se n’è più parlato.

Fino a quando Tremonti se n’è uscito con una delle sue; abolirle? Macché si risparmierebbero solo 100 – 200 milioni di euro/anno (buttali via! -NdR-).

E’ possibile che si facciano dichiarazioni pubbliche ai cittadini e che ce le si rimangi come quei bambini che “giurano” tenendo le dita incrociate? Quale credibilità possono avere partiti che si comportano in questo modo (di qualsiasi colore essi siano)? Quale valore i loro programmi?

Su quali calcoli so basano le cifre snocciolate da Tremonti? Non era possibile farli prima delle elezioni? Ancora una volta il dato contabile, come quello statistico, è usato come un “clava” sul terreno della lotta politica.

Per saperne di più ecco un articolo di Andrea Giuricin pubblicato per conto dell’Istituto Bruno Leoni. Lo consiglio perchè è semplice e divulgativo ed aiuta a formarsi una propria opinione.

Sempre a proposito in “informazione pastorizzata”, se invece volete ridere, guardate cosa si sono inventati quelli di “Valigia blu” per mandare a casa Minzolini:

 

IL PARADISO IN UNA SCATOLA DI FIAMMIFERI

11 Ott

Di maison d’hotes in Francia ce ne sono circa 40.000, l’inserto settimanale di “Le Figaro” ne ha selezionate 200, una di queste è di due italiani, Barbara e Andrea. Non avevo resistito e ve ne avevo accennato nel precedente post “Corrispondenza dall’estero”.

Si trova nel Périgord nero, a due passi dal castello di Montfort (nella foto, scattata durante la nostra discesa del fiume per 22 km, lo vedete torreggiare sulla Dordogne)  che è di proprietà del solito sceicco. Varcata la soglia dell’edificio sembra di entrare in un piccolo Paradiso custodito in una “scatola di fiammiferi”: quattro camere impeccabili con lenzuola di percalle di cotone e tovaglie di lino sempre fresche. Barbara e Andrea, immersi in un atmosfera di giardini e castelli, ricordano i due protagonisti della fiaba “Il soldatino di piombo” di Andersen. Lui si alza al mattino presto e va al mercato di Sarlat a fare la spesa dai migliori produttori locali, con le quali preparano strepitose colazioni.

Barbara cura con gusto tutti i particolari della casa e,  di tanto in tanto, prepara con materie prime locali selezionatissime deliziose cene per gli ospiti.

Entrambi hanno lasciato amici e lavoro nel torinese per dedicarsi con passione a questa nuova attività. Ho dato ad Andrea il soprannome di “Uomo che sussurra ai turisti”, parafrasando il titolo del romanzo di Nicholas Evans dal quale è stato tratto un famoso film diretto e interpretato da Robert Redford perchè con voce sempre pacata suggerisce agli ospiti piccoli segreti per visitare gli angoli più interessanti di un territorio ricchissimo di attrattive.

Sul momento non mi è venuto un soprannome per Barbara ma ora mi sono ricordato che stavo leggendo proprio in quei giorni un romando di Simenon, “L’amica della signora Maigret“. Un po’ per la cura che la moglie del famoso ispettore mette nella gestione della casa e nella cucina, un po’ per il sontuoso magret de canard che ci ha cucinato sabato sera, “battezzo” Barbara con questo post “Signora Magret”, spero che non me ne voglia.

Sabato mattina sono stato al mercato di Sarlat con Andrea, conosce tutti i produttori locali, col tempo li ha  selezionati uno ad uno scegliendo da ciascuno il prodotto migliore. Molti sono contadini un po’ speciali: c’è un ingegnere di Parigi che produce frutta bio, un agricoltore-geologo, un altro, da vedere, che coltiva tutto nei propri campi a “circuito chiuso”, quindi non solo concima con il letame dei suoi animali, ma non usa le macchine e lavora i campi con un aratro tirato dal proprio cavallo. C’è un produttore per le uova, uno per le prugne secche, uno per il formaggio di pecora e uno per quello di capra, non poteva mancare quello per il foi gras. Me li ha presentati ad uno ad uno e poi sono tornato da loro più tardi con calma a fare la spesa. E’ stata una bellissima esperienza non andare a caso, ma “raccomandato” da un comune amico.

I “BOCCONIANI” MI STANNO SIMPATICI

7 Ott

Recentemente ho partecipato ad un aggiornamento professionale di tre giorni tenuto dai docenti della SDA Bocconi. Diciamola tutta, la formazione era stata voluta (quasi imposta) da un collega che non stimo e, forse anche per questo motivo, ero particolarmente attento a formulare la mia valutazione.

Sulla preparazione dei docenti nulla da dire, nessuno si aspettava che, da buoni bocconiani, fossero meno che impeccabili. La partita però se la sarebbero giocata nel “modo” con il quale avrebbero saputo porgere i loro contenuti, non sempre di agevole comprensione, ad un pubblico molto eterogeneo per lavoro, cultura, formazione, carriera, competenze ecc…

Devo dire, a loro onore, che se la sono cavata benissimo, Raffaella, Davide e Marta, questi sono i loro nomi, hanno saputo catturare l’attenzione di tutti (tranne che per un ristretto numero di “brontosauri amministrativi” incartapecoriti, alcuni dei quali scappati all’intervallo del primo giorno di corso, altri dopo la prima pausa pranzo, altri ancora che sono apparsi e scomparsi nell’arco dei tre giorni, non riuscendo a totalizzare più di quattro ore complessive di attenzione, vera o presunta).

Secondo me il segreto del loro successo è stata dunque la “capacità di comunicare”.  Gli stretti contenuti avrebbero potuto essere materialmente maneggiati da una decina di partecipanti al corso (solo due dei quali assiduamente presenti) il resto degli uditori erano più che altro destinatari dei dei “meccanismi” veicolati dalla formazione e non dalla sua diretta applicazione. Eppure hanno seguito, lo hanno fatto con attenzione, spesso andando oltre lo stretto orario di servizio.

Il segreto del successo di  Raffaella, Davide e Marta credo che stia nella passione per i loro lavoro e in una simpatia autentica e non costruita a tavolino per compiacere l’uditorio.

Un piccolo aneddoto: poco prima della lezione mi sono trovato a chiacchierare con Davide che mi ha sottolineato con piacere di aver visto scendere dal treno dei ragazzi vestiti con un’inappuntabile giacca e cravatta per andare al liceo. Gli ho liberamente manifestato il mio dissenso nei confronti di un abbigliamento formale, se non in un limitato numero di circostanze (le reciproche posizioni sull’argomento si sarebbero potute riassumere in una fotografia),  in ogni caso rassicurandolo sul fatto che al liceo i ragazzi vanno ancora coi jeans (lo so perché ho una figlia che lo frequenta) e che quelli erano gli studenti, in divisa d’ordinanza, della scuola alberghiera!

Comunque non avrei scritto questo post sui “bocconiani simpatici”, se non ne avessi incontrato oggi un altro, in tutt’altro contesto, sulla rete, in un articolo dal titolo “Sapessi com’è strano frequentare un nido a Milano” apparso sul quotidiano economico on line “La voce”.

Scoprirete perché leggendolo.  Io posso dirvelo solo nel linguaggio “gergale” che ho imparato durante la formazione: “Se il Comune avesse approntato degli strumenti di misura della performance organizzativa in grado di rilevare non l’output ma l’outcome, avrebbe potuto accorgersi dell’inadeguatezza della propria offerta, Michele con il suo post ha dato voice ai destinatari del servizio”.

E comunque è proprio vero che “il pesce puzza sempre dalla testa”, basta andare a grattare sotto il curriculum del dirigente responsabile del settore come hanno fatto nel loro libro “Milano da morire” i giornalisti Offeddu e Sansa.

Tutti hanno fatto l’amore con la brunetta ma nessuno ne riconosce il figlio

2 Ott

E’ ormai qualche mese che il bambino è nato, gli hanno messo il brutto nome di decreto legislativo 150 ma è proprio bruttino, nessuno vuole riconoscerlo.

Ho sentito docenti di Università pubbliche e private, economisti, giuslavoristi, alti funzionari ministeriali, ecc… tutti mi dicono che è stata, a partire dalla legge 15 , una stagione feconda di amplessi normativi, di veline e di bozze che giravano di notte tra un Ministero e l’altro, tra un consulente e l’altro, un’orgia di tagli, di aggiunte, di scuole di pensiero, di approcci (alla francese, all’americana) di tecniche (aziendalista, gerarchico-istituzionale), di metodi, di “misurazioni”.

Il bambino è uscito bruttino nessuno lo vuole riconoscere. Anzi approfittando della sua gracilità lo zio Tremontino (se hai bambini ascolta) gli ha fatto lo sgambetto, ha mandato sua figlia, la legge 122, a svuotare la tasca dei “premi” del piccolo 150!

Mi sto facendo l’idea che il piccolo 150 crescerà (se crescerà) malissimo, allevato in tanti orfanotrofi quanti sono le pubbliche amministrazioni in Italia. Alcune magari lo svezzeranno, gli insegneranno un mestiere faranno di 150 un adulto virtuoso. Altri come in un’atmosfera alla Notre-Dame de Paris di 500 anni dopo  lo trascineranno nei bassifondi,  lo nutriranno di scarti, lo faranno crescere sporco e  rancoroso come chi non riuscirà, suo malgrado, ad aprirsi al quel sole che alcuni chiamano “trasparenza”.

Rigagnolo di monetine

1 Ott

Questo post è il frutto di Alian Gilles, un attento lettore del blog ed un ulteriori informazioni acquisite in maniera informale da fonti ufficiali.

Prima di tutto vorrei rispondere alla domanda: quanto costerebbe  il “giocattolo” alle Province? La risposta è: Nulla, se optano per il rinnovo automatico della concessione a loro favore evitando la gara pubblica (vi ho già detto che l’UE e l’antitrust hanno una visione diversa della questione). Per chi vuole approfondire ecco cosa dice la norma:  In attuazione di quanto previsto dall’ articolo 44, secondo comma, della Costituzione, e allo scopo di consentire la sperimentazione di forme di compartecipazione territoriale nella gestione, le concessioni di grande derivazione d’acqua per uso idroelettrico in vigore, anche per effetto del comma 7 del presente articolo, alla data del 31 dicembre 2010, ricadenti in tutto o in parte nei territori delle province individuate mediante i criteri di cui all’ articolo 1, comma 153, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le quali siano conferite dai titolari, anteriormente alla pubblicazione del relativo bando di indizione della gara di cui al comma 1 del presente articolo, a società per azioni a composizione mista pubblico-privata partecipate nella misura complessiva minima del 30 per cento e massima del 40 per cento del capitale sociale dalle province individuate nel presente comma e/o da società controllate dalle medesime, fermo in tal caso l’obbligo di individuare gli eventuali soci delle società a controllo provinciale mediante procedure competitive, sono prorogate a condizioni immutate per un periodo di anni sette, decorrenti dal termine della concessione quale risultante dall’applicazione delle proroghe di cui al comma 1-bis. La partecipazione delle predette province nelle società a composizione mista previste dal presente comma non può comportare maggiori oneri per la finanza pubblica». In pratica: non vuoi andare a gara per il rinnovo della concessione? Beccati come socio la Provincia

L’altra questione riguarda le “grandi derivazioni” Alain Gilles nel suo commento ha fatto un elenco di “principali produttori” il funzionario, che ringrazio, intervistato al volo alla fine di una impegnativa giornata di lavoro, mi ha parlato per la nostra provincia di due soggetti che detengono “grandi concessioni”: Enel e Tessenderlo, quindi, a meno che le sue “citazioni a memoria” non lo abbiano indotto in errore, si potrebbe dedurre che gli altri due “grandi produttori”  provinciali detengano un pluralità di “piccole concessioni” che non rientrano nella normativa. Ma questo non è il punto. Il fatto è che la norma non si applica a Enel, le cui concessioni scadranno nel 2029.

L’altro grande produttore in provincia, Tessenderlo, è titolare di tre grandi concessioni, rispetto a due di queste ha già chiesto il rinnovo in base ad un’altra legge, la 529 del 1982, che consente il rinnovo con lo stesso concessionario in presenza di specifici requisiti individuati dalla norma. I requisiti parrebbe proprio ci siano (sentire in Regione che in proposito deve esprimere un parere tecnico obbligatorio e vincolante).

Facciamo i conti daccapo utilizzando di nuovo il “parametro Valtellina” di cui al precedente post, ricavato dall’articolo de “Il fatto quotidiano”: se nel nostro Paese vengono complessivamente prodotti 42.357 GWhe la Valtellina di questi ne produce il 14%, significa ce la Valtellina produce 5.929  GWh, se questi le fruttassero, come dice il giornale, 70 milioni oggi e 400 milioni tra quindici anni quanto possono fruttare alla provincia del Verbano Cusio Ossola i 2.415 GWh che produce? Fatevi i conti!

Ma se escludiamo Enel (scadenza delle concessioni nel 2029) – 2130 GWh, escludiamo Ex Sisma e Edison (sono grandi produttori ma non è sicuro che siano titolari di “grandi concessioni”- 195 GWh, rimangono le tre “grandi concessioni” di Tessenderlo. Immaginiamo che siano tutte e tre della stessa entità, se due di queste verranno rinnovate in base alla legge 529/82, rimangono 30 GWh cui applicare i parametri della manovra economica, in pratica, se non sbaglio i conti 354 mila € invece di 23 milioni teorici (includendo Enel ed escludendo, prudenzialmente, ex Sisma e Edison)  oggi e 2 milioni a regime, cioè fra 15 anni anziché 131 milioni.

Morale, tenetevi questa pisciatina di monetine perché il ministro della finanze è originario della Valtellina e non della Valdossola.